Space Invaders by Model Racing

Space Invaders

(by Model Racing)

スペースインベーダー 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vi siete mai chiesti quale sia per un videogioco la vera formula del successo?

Per la maggior parte dei ragazzi di oggi sicuramente la risposta è il risultato di un cocktail tra grafica, suono, trama e azione.

Per molta gente di più vecchia età e con l’esperienza di aver vissuto gli anni del pionierismo del divertimento videoludico la risposta si rispecchia perfettamente in questa parola:

SEMPLICITA’.

E di semplicità si tratta: le regole di gioco di Space Invaders sono basate solamente sui riflessi e sulla mira.

Dobbiamo però definire questa semplicità come una cosa imposta da dei limiti ben precisi.

Per capire meglio questi limiti è necessario fare un piccolo balzo indietro nel tempo e catapultarsi nella realtà tecnologica quotidiana di quegli anni.

Giugno 1978: l’Ingegnere Toshihiro Nishikado realizza per la Taito il titolo più influente della storia del videogioco: Space Invaders. Il successo fu di livello planetario ed elevatissimo, tanto da determinare la necessità per il governo giapponese di quadruplicare la coniazione delle monete da 100 Yen, quasi del tutto sparite in quanto inserite nelle gettoniere di questo titolo.

L’idea del gioco è stata tratta dal fratello maggiore elettro meccanico di minore successo Space Monster. Inizialmente si pensava di creare un’ambientazione da vero e proprio gioco di guerra, nel quale il giocatore avrebbe dovuto impersonare la figura di un militare intento a sparare proiettili contro un esercito nemico. Allora, contrariamente ad oggi, si pensava che questa scelta avrebbe potuto contribuire a mettere in circolazione un messaggio negativo inerente al fatto che sparare ad un proprio simile è fonte di divertimento. Venne presa quindi la decisione di modificare il tutto adottando come nemici le astronavi aliene del romanzo “La guerra dei mondi”, creando quindi un titolo con le stesse regole di gioco, ma molto più soft per tutto il resto.

Questo per quanto riguarda la nascita dell’idea di questo meraviglioso titolo.

Per quanto concerne la nascita dell’hardware su cui avrebbe dovuto basarsi si può tranquillamente dire che la realizzazione delle schede fu per Nishikado un vero e proprio travaglio caratterizzato da numerosi e grossi limiti che causarono sia l’impossibilità della realizzazione del progetto come inizialmente pensato che il suo successo vero e proprio.

I LIMITI.

Consideriamo proprio la parola “limiti”.

Significato della parola Limite.

Sappiamo benissimo che Limite è un sinonimo di Confine, ovvero “frontiera della superficie controllata da un soggetto”.

Quali possono essere i limiti per un videogioco di oggi?

Oggi possiamo dire che è un termine quasi insensato, visto la potenza di calcolo delle macchine odierne. Il problema si risolve in maniera contraria rispetto a 40 anni fa: sono i computer che vengono aggiornati per soddisfare la  richiesta di potenza di calcolo dei giochi e permettere quindi un’esecuzione fluida dei titoli di ultimo grido.

Al contrario negli anni del pionierismo video ludico ingegneri e programmatori sapevano benissimo che il loro programma doveva girare alla perfezione su di un hardware dalla potenza limitatissima e dai limiti invalicabili. Allora già si parlava di schermi CRT a colori i cui costi, purtroppo, erano troppo alti e si parlava già da qualche anno di microprocessori.

L’elevato costo di progettazione di una scheda video a colori comportò la scelta  forzata di Nishikado di fare uso di uno schermo CRT in bianco e nero sul quale venivano applicate delle barre di adesivo colorato che avevano lo scopo di colorare varie zone del monitor.

Sempre per una ragione legata ai costi venne scelto di far uso del microprocessore Intel 8080, che però si dimostrò insufficiente per sostenere la velocità di gioco inizialmente prevista.

Un risultato imprevisto determinò una regola di successo…

Man mano che diminuiva il numero di astronavi aliene da abbattere aumentava direttamente la velocità di quest’ultime. Nishikado si rese conto che, senza volerlo, aveva creato un’ulteriore regola di gioco che contribuì a determinarne il successo raggiunto.

In Italia il gioco arrivò l’anno successivo, 1979, sotto il titolo del bootleg non legalmente licenziato Sidam Invasion.

Conclusa questa lunga parentesi relativa al passato torniamo ad oggi e alla realtà del magazzino di Arcade Retrocampus.

La collezione Arcade Retrocampus annovera un esemplare di Space Invaders by Model Racing. Non si tratta di un bootleg in quanto gli accordi commerciali tra la M.R. e la Taito vedevano la possibilità di permettere la produzione e commercializzazione di questo gioco sotto nome Model Racing. Model Racing è da considerarsi a tutti gli effetti una ditta “agente” della Taito in Italia.Il cabinato è abbastanza simile all’originale, se non fosse che la parte bassa frontale è priva di rappresentazioni grafiche, che ci sono invece sull’originale.

Il cabinato di Space Invaders (by Model Racing) presente nella nostra collezione.
Il giocatore vede un’immagine riflessa da un vetro. Il risultato è un piacevolissimo effetto 3D artigianale su di un cartonato con la rappresentazione di un’ambientazione lunare.
Cartonato e scheda del gioco belli in vista
Il particolare della scheda audio di Space Invaders by Model Racing. E’ stata completamente re ingegnerizzata dall’Ing. Adolfo Melilli, che l’ha pure autografata in alto.
Il lato nascosto di Space Invaders. In alto fa bella figura il monitor CRT in bianco e nero posizionato in orizontale. Sulla destra: in alto la scheda del monitor con la vetronite rossa. In basso l’alimentazione Sulla sinistra: il set di schede del gioco. Quella installata in parallelo al trucciolato è la scheda CPU con le eprom del gioco.

 

 

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